Decidere per il parto a domicilio di Camilla non è stata una scelta facile, ma dopo 7 settimane sono felice di dire che è la scelta migliore che potevamo fare. Una scelta fatta non solo per me, non solo per lei, ma anche per Matteo e Sebastiano, una scelta per tutta la famiglia, perché l’arrivo di un bambino o di una bambina è un affare di tutta la famiglia.
C’è voluta la pandemia a convincerci perché, ahimé, il costo da sostenere è parecchio impegnativo, dal momento che il parto in casa non è riconosciuto dal SSN.
È una spesa che spero sarà presto integrata dal pubblico, per due motivi: uno perché credo che questa scelta debba essere accessibile a tutte le famiglie e che non possa essere condizionata da un fattore economico, e due perché garantirebbe un risparmio per la spesa pubblica.. ma ahimé, mai come in questo periodo abbiamo visto come la sanità pubblica italiana sia zavorrata da scelte incomprensibili o guidate da criteri diversi dalla tutela della salute ed il risparmio economico, e abbia bisogno di una riforma strutturale.
È una spesa che, per quanto alta, è stata completamente ripagata: innanzitutto dalla professionalità, umanità, disponibilità delle nostre ostetriche Sara e Alice de La Lunanuova diventate di famiglia per qualche settimana. E poi dalle grandi possibilità che ci ha offerto.
Per Matteo ha significato poter assistere al parto, parteciparvi, esserci, non ovunque garantito in ospedale in tempo di covid. Ha significato poter festeggiare con un bicchiere di Braulio in cucina il nuovo arrivo. Per Seba ha significato poter rimanere con noi (quasi) fino alla fine, preparando con papà le tagliatelle fatte in casa per la mamma che “ha bisogno di forze”. Poter abbracciare la mamma e la sorellina poche ore dopo la nascita, e da quel momento non lasciarle più.
Per Cami ha significato respirare fin dal primo respiro aria di casa, essere avvolta da subito dai nostri odori e umori.
Per me ha significato offrire a ciascuno di loro tutto questo e molto, molto di più. Potermi vivere tutto il travaglio a casa mia, iniziarlo con una lunga passeggiata, continuarlo con le posizioni yoga tra balcone e divano, portarlo a termine nella mia camera da letto. Poter cenare con le suddette tagliatelle che trasudavano amore e complicità. Poter affrontare il dolore più grande nel posto più accogliente, casa mia, la mia camera, il mio letto.
Ha significato vivere tutto con naturalezza e protagonismo. Poter concordare ogni scelta con le ostetriche. Capire perché era meglio prima espellere la placenta e poi tagliare il cordone, piuttosto che il contrario come avviene di solito. Sentirlo pulsare fino alla fine. Mangiarmi i biscotti a letto con la mia piccola appena nata e il suo papà.
Ha significato rispettare i miei tempi, i suoi, i nostri, intervenendo il meno possibile, ascoltando l’istinto, assecondando le sensazioni, trovando il “nostro” modo. Un insegnamento bellissimo, utilissimo, credo, non solo per quel momento ma per tutta la meravigliosa avventura che è crescere un figlio o una figlia.